IL GIARDINO DEI FINZI CONTINI
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Il Giorno della Memoria 2013
l'Associazione Shalom presenta
Domenica 27 Gennaio ore 21.15 - Biblioteca della Ghisa

Spettacolo di parole e musica liberamente tratto dal romanzo di Giorgio Bassani, voce recitante di Dayana Gnarra, musiche dal vivo eseguite da "Jerusalem Duo".
Ferrara, con le sue strade larghe e silenziose; la malinconia sottile e piacevole di un'esistenza sospesa in un'eterna provincia, tra i fasti universitari di Bologna e i poetici languori di Venezia; le nebbie lattiginose, da cui affiorano a tratti sagome scure, fantasmi che solo all'ultimo momento rivelano la loro vera identità di case, alberi, muri.
L'io narrante de Il giardino dei Finzi Contini vive immerso in questa atmosfera, e di questa atmosfera vuole restituire il sapore, in un romanzo che nasce e si sviluppa sul lento, assiduo movimento del ricordo. Il prologo esordisce con l'immagine della necropoli etrusca di Cerveteri, meta di una scampagnata del protagonista insieme ad alcuni amici, una domenica d'aprile del 1957. La particolarità del luogo suscita nel protagonista una riflessione sulla morte e il ricordo di chi ci ha lasciato, sempre più labile con il passare degli anni, fino a dissolversi del tutto. «Perchè le tombe antiche fanno meno malinconia di quelle più nuove?», ed è come se da questa domanda scaturisse il flusso narrativo che dà vita all'intero romanzo, una grande "intermittenza del cuore" a recuperare un tempo passato, ma solo per accorgersi che mai, neppure quando era presente, lo si è posseduto veramente. «Io riandavo con la memoria agli anni della mia prima giovinezza, e a Ferrara, e al cimitero ebraico posto in fondo a via Montebello».
Non è un caso che sia proprio un cimitero ad aprire la lunga rassegna di ricordi dell'io narrante; le immagini di morte sono ricorrenti nel romanzo, avvolte di un'aura mai lugubre o drammatica, ma dolcemente malinconica. Anche della tragedia umana dei Finzi Contini, illustre famiglia ebraica travolta e distrutta nei campi di sterminio nazisti, il lettore non avverte l'orrore e l'immane peso storico, ma solo il languore elegiaco di un amore perduto.